“L’isola”

A questa voce di solito corrisponde un luogo vacanziero, lontano, in mezzo al mare, quindi raggiungibile soprattutto con mezzi di navigazione.
L’isola evoca momenti di spensieratezza, di viaggi in mezzo alla natura selvaggia, escursioni tra terra e mare, conoscenza di persone nuove, di luoghi incontaminati…
Gli abitanti vengono definiti isolani.
Cosa diversa se si tratta invece di un luogo mentale, divisorio, reso tale da un connubio di criticità agite da una epidemia.
Si diventa isolati.
Perchè scrivo questo?
Dopo il mio secondo isolamento da covid e dopo il periodo di pandemia mentale che stiamo vivendo, espongo alcune considerazioni.
Prima di tutto, dopo mesi vissuti in contesti difficili, ho capito quanto noi,popolo resistente (che resiste per esistere), che non accetta dittature sanitarie o quant’altro venga imposto dal potere, ebbene, noi veniamo discriminati, perciò ‘isolati’.
Non per questo subiamo le prepotenze, anzi, ripudiamo le violenze altrui e tentiamo un dialogo che possa farci tornare in contesti condivisi.
Tornando al mio nuovo isolamento, ho riflettuto su varie tematiche.
Questi sono i miei dubbi e/o considerazioni.
-Quanto dura il periodo nel quale un individuo infettato dal virus è effettivamente contagioso?
-Perché deve rimanere isolato fino alla famosa negatività?
-Come mai in poco più di un anno l’isolamento è stato gradatamente ridotto, da un mese a ventun giorni, a dieci giorni, a cinque giorni… È vero che il virus è mutato, ma i parametri sono stati molto ridotti. Questo significherebbe che comunque si potrebbe giungere a isolamento zero?
-Perché solo per l’infezione da Covid vengono utilizzate queste formule così ansiose di tutela verso l’altro, quando invece per patologie più gravi (ma evidentemente non ritenute così invasive) non esiste profilassi adeguata?
-Anni fa ho visto morire in poche settimane una vicina per il morbo della “mucca pazza”, eppure non è stata fatta né disinfezione, né profilassi verso i condomini.
-Esiste soprattutto e solo il Covid? È diventato un business?
Torno all’aspetto pratico dell’isolamento.
Giorni, ore, settimane…momenti infiniti di isolamento che appaiono ancora più difficili da chi ne è coinvolto.
Ogni giorno spera sia l’ultimo, ma ahimè, il tampone ancora positivo dice di no.
Ti senti osservato se ti affacci al balcone, ti senti portatore di virus e spiato se scendi a conferire la spazzatura, insomma, ti senti “colpevole” di qualcosa che non hai commesso ma che ti è arrivato addosso come un castigo.
Speri di non aver bisogno di aiuto medico, non potresti essere curato, sei contagioso, nessuno può avvicinarsi alla tua persona.
Sei i s o l a t o!
Sogni un altro mondo possibile, un’altra isola felice e raggiungibile, sogni una vita semplicemente normale.
Riuscirai a raggiungere l’isola dei tuoi sogni, riuscirai a liberarti dalle catene, riuscirai a sconfiggere il Male?
Sarai finalmente i s o l a n o!
Salute!
Renata Fontanella Li 26/9/2022

The Truman show

[intervento letto ad una manifestazione contro la guerra, contro Draghi e la politica delle emergenze e contro il Green Pass a Livorno sabato 2/4/22]

Penso che molti di noi abbiano visto il film The Truman show. Il film, riassumendo in poche parole, ci presenta la storia di un uomo che vive in un enorme studio cinematografico e tutto intorno a lui è fittizio: ambiente, persone, affetti, amici, costituiti da attori di una serie televisiva. Il problema è che crede che quella sia la realtà finché un giorno non scopre la verità.
Ecco, in questi ultimi tempi mi è capitato molte volte di pensare a questo film e di avere la netta sensazione di vivere, come il suo protagonista, in un mondo preconfezionato, dove però non esistono attori consapevoli di star interpretando una parte, bensì tanti Truman ignari di star vivendo una vita telecomandata che non è la loro. Ma se nel film chi dirige è un regista che crea intorno al protagonista una realtà gradevole, “perfettina”, con tutte le comodità desiderabili da un buon borghese, qui non c’è un regia, ma una potente macchina costituita prevalentemente dai mezzi di comunicazione e la realtà che ci confeziona non è neanche rassicurante ma dominata dalla paura, per contenere la quale si danno anche le ricette adeguate: basta seguire ciò che ci dice la grande macchina, le regole stabilite, non farsi troppe domande, non insinuare il dubbio perché se seguiamo la falsa verità che ci viene propinata non avremo problemi, saremo salvi. E allora se l’unica soluzione per sopravvivere al pericoloso virus che si è diffuso è sperimentare sul proprio corpo un farmaco di dubbia efficacia e sicurezza, ben venga, poco importa se mi ammalo lo stesso e potrei comunque finire all’ospedale, intanto ho compiuto il mio dovere di bravo cittadino, mi assicuro il posto di lavoro e non prendo multe grazie al mio super green pass che inoltre mi apre magicamente le porte di qualsiasi luogo, preservandomi il diritto alla vita sociale, allo sport, alla cultura e al divertimento. Ed è giusto così perché io ho il senso del dovere, sono responsabile e mi sento utile e in pace con me stesso. Ma come tutte le macchine, anche questa non è perfetta e appaiono le prime disfunzioni, chi resiste insinua dei dubbi e molte verità nascoste dal sistema mediatico cominciano ad affiorare. Chi vive dentro il grande inganno non vuole pensare, non vuole accettare le contraddizioni, le incongruenze anche quando sono sotto gli occhi di tutti, vedi il flop vaccinale e la assoluta inutilità del green pass come forma di contenimento della diffusione del virus. Il meccanismo fornito al bravo cittadino per l’“autodifesa” è semplice: chi non segue il pensiero dominante, è fuori di testa, è un complottista. Ma non è più abbastanza efficace, la pandemia ha fatto il suo tempo e allora, citando il titolo di un interessante articolo di Roberto Pecchioli, Togli mascherina, metti bandierina, finisce un’emergenza ne arriva un’altra: la guerra. Ed ecco a recitare tutti il ruolo di sostenitori dell’Ucraina cioè del Bene, rappresentato da Zelensky, contro il Male personificato invece nel suo nemico Putin, il mostro da annientare. Perché, sempre citando Pecchioli “la macchina globale di diffusione di verità preconfezionate” possiede tutte le verità, che sono semplici, bianco o nero, senza toni di grigio. Poco importa se qualcuno prova a dissentire, facendo presente che Zelensky non è proprio il baluardo della democrazia visto che si ritrova sulla coscienza (anche se lui solo in parte direttamente) la morte di almeno 15.000 persone grazie agli attacchi militari nel Donbass filorusso, che si sono ripetuti in questi ultimi 8 anni, avvalendosi anche di formazioni paramilitari filo-naziste. Se lo fai diventi automaticamente un filo-Putin (così come in epoca di pandemia entravi immediatamente nelle categorie negazionista, terrapiattista, fascista) così come se ti azzardi a fare una banale osservazione basata su una semplice visione realistica: che forse se Putin con le sue forze militari avesse accerchiato qualsiasi paese dell’UE o gli USA così come ha fatto l’alleanza NATO verso la Federazione russa, qualsiasi capo di Stato probabilmente avrebbe reagito così come ha fatto Putin in questa occasione – senza voler con questo giustificare l’aggressione all’Ucraina. Perché questo è il sistema in cui viviamo, dove gli interessi economici vanno ben oltre ogni speranza di pace e dichiararsi contro la guerra sapendo di operare perché si scateni e dire di contribuire alla pace inviando le armi a un paese belligerante è un non senso. Creare i folli fa parte del grande inganno, significa deviare ancora una volta dalla verità e cioè che questo sistema non lo determinano i mostri che esso stesso genera, ma è principalmente il sistema stesso ad essere mostruoso, folle e portatore di morte.
Ma il bravo cittadino che vive nello show non ha orecchie, non può cedere al dubbio e perdere le sue certezze, questo lo destabilizzerebbe e lo riporterebbe in balia della paura indotta, c’è lo Stato che lo tranquillizza e lo protegge, inviando armi perché vinca il Bene, e dandogli un vaccino perché lo salvi dalla morte. La paura è un forte strumento di potere che usa per tenerti in pugno e chi dissente è un pericolo, è un fatto psichiatrico, chi dissente è un fuori di testa.
In realtà colui che dissente è chi non accetta di essere uno dei tanti Truman, di vivere nel grande show dove ognuno degli attori ripete ogni giorno, come un disco rotto, quello che dice la grande macchina, è chi è riuscito squarciare il velo delle menzogne per riuscire a capire dove si nasconde la verità, chi affronta la complessità, chi mantiene l’autonomia di pensiero, chi smaschera l’ipocrisia ributtante di un potere che semina discriminazione (prima con la caccia all’untore poi con la caccia al russo), che si mostra indifferente verso le vittime innocenti dei bombardamenti israeliani o sauditi e poi vomita a profusione una farsesca solidarietà al popolo ucraino, facendo una netta distinzione razzista con quelli “meno civilizzati” come gli iracheni, i siriani o gli afgani…
Chi dissente è chi ha accettato di essere minoranza, che ha rinunciato alla miseria del pensiero binario e alla vita rassegnata ed eterodiretta per assumersi una grande responsabilità: agire per arrivare a strappare finalmente i teloni del Grande Studio Televisivo per riappropriarci del nostro destino in una realtà che non sia finzione, distruggendo la grande macchina, liberandoci definitivamente di chi detiene il potere e una volta liberi porre le basi per una società giusta, senza guerre, veramente solidale e inclusiva, perché a quel punto non sarà più il profitto a comandare ma altri valori.

Sonia Bibbolino