The Magnificent Thirty

Nel dicembre 2020 è uscito un testo decisamente interessante per le sorti del mondo sottoposto alla pressione “Covid”. Si tratta di Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid [it: Rilanciare e ristrutturare il settore aziendale post-covid], una pubblicazione proveniente dal cosiddetto “gruppo dei 30”, che ha come significativo sottotitolo Designing Public Intervention [it: Progettare interventi di politica pubblica].

Per capire di cosa parla questo agile (ma forse non troppo) libercolo, può essere utile leggere il comunicato stampa e il relativo abstract, che funge anche da presentazione, che qui traduciamo e che sono comunque reperibili on line rispettivamente, nell’originaria lingua inglese, qui e qui.

Ma, prima ancora, è forse il caso di dire due parole su questo famoso “gruppo dei 30”. Questo gruppo raccoglie trenta fra i più eminenti economisti e politici (molti uomini e, come sempre, poche donne) del globo. Il loro scopo, considerando l’esperienza e la profonda conoscenza del mondo politico ed economico ad essi riconosciuta, consiste prevalentemente nell’analizzare a fondo lo status quo e redigere documenti attraverso i quali consigliare per il meglio i potenti di turno sul da farsi affinché il sistema possa godere di buona salute, o almeno della migliore possibile. Niente di misterioso od esoterico, dunque. Si possono raccogliere moltissime informazioni su di loro con un semplice tour sul web, e i loro documenti sono facilmente reperibili e scaricabili on line qui (tutti rigorosamente in english, naturalmente). Ma la loro pericolosità non consiste certo in un presunto agire nell’ombra, ma proprio nella loro “normalità”, ovvero in ciò che predicano adempiendo alle funzioni di “guardiani” e “counselor” del sistema. Detto di passata, può interessare la nostra italica curiosità il fatto che uno dei più prestigiosi ed attivi fra i componenti di questo notevole gruppo sia il più amato fra i presidenti, ovvero il nostro Mario Draghi, il quale ha addirittura l’onore di rivestire la carica di membro senior.

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Il discorso dominante del virus

La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.

George Orwell, 1984

L’emergenza del virus ha portato con sé anche un discorso dominante, creato dal potere e diffuso dai suoi più svariati servitori mediatici: i telegiornali, i giornali e tutte le diramazioni create dalla Rete. Tale discorso dominante parla della verità o, meglio, di ciò che è giusto, di ciò che è bene. Una caratteristica di questo discorso è infatti quella di essere contrapposto, quasi in forma manichea, a ciò che viene definito come male, come sbagliato. Da una parte c’è il bene, dall’altra c’è il male. Anche un bambino di quattro anni capirebbe che non può funzionare così, non deve funzionare così. Il discorso dominante funziona invece come un blocco monolitico al quale non ci si può contrapporre se non si vuole cadere vittima della pratica dell’interdetto e del divieto.

Come nota Michel Foucault ne L’ordine del discorso, pressoché in tutte le società esistono “narrazioni salienti che si raccontano, si ripetono, si fanno variare; formule, testi, insiemi ritualizzati di discorsi che si recitano, secondo circostanze ben determinate; cose dette una volta e che si conservano, perché vi si presagisce qualcosa come un segreto o una ricchezza”.1 Tali narrazioni possono benissimo essere rappresentate, nelle società antiche, dai racconti mitici e dai miti in generale. Nella società contemporanea, in cui la parola mitica in senso proprio è stata completamente rimossa, quegli stessi racconti mitici del passato hanno assunto le vesti di una vera e propria nuova ‘mitologia’, quella della società dei consumi. All’interno di essa, fin dall’avvento dei media di massa, il mito viene infatti sostituito dalla narrazione mediatica e mediatizzata, quella riferita dai telegiornali e dai giornali e, adesso, anche dalle più diverse diramazioni di Internet (dai social ai blog). Ma cosa afferma, di preciso, il discorso dominante del virus? Afferma, innanzitutto, la sua pericolosità assoluta, senza alcuna distinzione (in base ai luoghi o all’età delle persone, per esempio) o discussione e l’assoluta necessità di distanziamento sociale. In seguito a ciò, i governi hanno assunto diverse misure per mettere in pratica il cosiddetto lockdown.

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Coprifuoco nella nebbia

Jack e Gilbert mi avevano avvertito: stai attento perché a Londra, sulla Terra, è in vigore il coprifuoco. Eravamo nella stazione commerciale di J 24, il satellite di Mercurio, e stavamo sorseggiando un’ottima birra al cristallo di salgemma plutoniano. Sul Regno Unito d’Europa governava re Dragone II, il quale aveva varato una serie di leggi inique, finalizzate soltanto alla sopravvivenza del sistema economico europeo, che stava probabilmente esalando gli ultimi respiri. Formalmente, il coprifuoco era ancora in vigore per contrastare gli estremi effetti di un’epidemia marziana di decenni prima. Anche se, effettivamente, della pestilenza proveniente dal Pianeta Rosso non vi era più alcuna traccia, il Regno si era chiuso in una politica autoritaria, formata da un vero e proprio stato di polizia. Jack, soprattutto, mentre sbevazzava il suo bicchiere di birra, sottolineava il fatto che lui mai e poi mai si sarebbe recato in Europa e a Londra in particolare. Sulla Terra, se ne sarebbe andato nei porti di Singapore, Cape Town, Hong Kong, Nuova Venezia – interamente ricostruita in acciaio mentre la vecchia Venezia era ormai sprofondata a centinaia di metri sotto il mare – ma mai a Londra. Tanto più – diceva – c’è sempre un nebbione da tagliare con il coltello. “Ma io” – ribattei – “devo andare a Londra, per cui mi farò imbarcare sulla prossima nave in partenza per l’Europa, so che hanno bisogno di un marinaio esperto di rotta stellare cerebroguidata”. Eh sì, era la mia specialità, avevo costruito la mia carriera di navigante sulla capacità di utilizzare le mie cellule cerebrali per coadiuvare le rotte dei veicoli commerciali. Gilbert, sorseggiando la sua birra lunare di prima qualità, mi disse di stare attento, a Londra, a Re Peste, che pare si aggirasse nella notte, incurante del coprifuoco, nei vicoli più malfamati della città.

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