Il “Long covid”

“Long covid”, così è definito il periodo che ti separa dalla malattia contratta dal virus e la completa ristabilizzazione.
Pur guarito dal covid, spesso hai ancora addosso alcuni sintomi, non uguali per tutti: dolori muscolari, mancanza di gusto e olfatto, difficoltà respiratorie, debolezza…
I sintomi fisici li puoi contrastare in qualche modo, consigliato da esperti consapevoli.
In molti casi, purtroppo, è anche presente una intromissione a livello psicologico e/o sociale nella vita del guarito da covid da parte di coloro che detestano i “novax”.
Considero questa mia narrazione un contenitore di storie delle quali sono venuta a conoscenza.
Chissà quante altre storie ci sono, sarebbe un’idea inserirle in questo contenitore.
Intanto comincio a narrare queste…

Irma è una donna appena guarita dal covid, è stata spedalizzata 5 giorni per complicazioni polmonari.
Dopo tre settimane dal primo tampone positivo, e nonostante l’ultimo risulti ancora a bassa carica virale, riceve dall’ufficio del Ministero della salute il certificato di guarigione con allegato il famoso “green pass”.
Guarita, finalmente!
A questo punto si sente libera di riprendere la vita sociale.
Di ricontattare i familiari.
Pensa: “Finalmente a Natale ci ritroviamo!”
Per fare una sorpresa, senza entrare in casa, lascia alla porta della cognata un grande vaso con la stella di Natale.
La sera della vigilia sente suonare il campanello e, con molta gioia, fa entrare in casa la cognata e il fratello, immaginando che si presentino per lo scambio dei regali.
Non è così.
La cognata rimane alla porta, cominciano gli insulti.
“Non sei ancora negativizzata e hai toccato le maniglie della nostra porta, non lo sai quanto abbiamo sofferto per te in questi giorni in cui avevi contratto il covid, non dormivamo dalla tensione, e ora tu non usi precauzioni verso di noi, mentre potresti addirittura contagiarci, non te ne rendi conto?”.
“Noi siamo vaccinati, ma abbiamo paura”.
Irma si sente confusa, umiliata, non avrebbe mai immaginato che un semplice gesto di affetto potesse disturbare la propria serenità appena acquisita.
Aveva usato tutte le precauzioni, non era mai uscita di casa da quando si era ammalata, aveva addirittura disinfettato tutto, dai mobili alle suppellettili…
Il giorno di Natale i familiari le chiedono scusa per i toni usati, non certo per i contenuti che non vengono smentiti.
Irma vive così un Natale molto triste, allontanata dal contesto familiare.
Il motivo?
Essere guarita dal covid ma ancora con bassa carica virale.
Le assurde paure che alcune persone stanno vivendo creano queste disarmonie.
I media fomentano queste paure, creano divisioni tra “noi & loro”, tra chi è per la libertà di scelta e coloro che seguono il pensiero unico e imposto.

Paola è una giovane collaboratrice scolastica che ha aderito alla libertà di scelta per quanto riguarda il siero vaccinale “anticovid”, per questo stava per essere sospesa dal servizio secondo le normative dittatoriali vigenti.
Si è ammalata anche lei di covid e dopo il periodo di quarantena ritorna al lavoro.
Guarita dal covid, quindi legalmente a posto.
Rientrata a scuola, subisce inaspettatamente gli insulti da due colleghe insegnanti.
Secondo loro, non essendosi fatta il siero vaccinale, potrebbe causare ancora contagi, insieme a lei tutti i “novax”.
Volano frasi del tipo: “Vi odio, è tutta colpa vostra se non ci curano, vi odio e lo dico anche ai miei studenti.
Ti manderei in Lombardia a vedere i morti, se stiamo uscendo dalla pandemia è merito nostro, voi causate le varianti…
Da oggi non ti parlo più”.
Siamo arrivati a questo, alla follia, all’odio.
Questi insegnanti, che per etica professionale dovrebbero assumere una posizione neutra in quanto educatori, in alcuni casi, invece, esprimono sentimenti incontrollati.
Per fortuna non tutti sono così, ci sono esempi di insegnanti che purtroppo stanno sacrificando la propria carriera e si fanno ingiustamente sospendere per non cedere al ricatto.
Per dimostrare che la scuola è il luogo dove le parole “Libertà”e “Democrazia” devono essere rispettate e messe in atto.
Insegnanti coerenti con le proprie scelte, educatori con dignità e con principi e valori che non barattano con nessuna dittatura.

Personalmente, anch’io, guarita dal covid, ho avuto a che fare con conoscenti che mi hanno provocata con frasi del tipo: “Ora però ti vaccini, la prossima volta ti ammalerai meno seriamente”.
Oppure: “Mi raccomando,ora userai precauzioni…”.
Le precauzioni sono indirettamente riferite al vaccino, ovviamente.
E ancora: “Voi non vaccinati quando finite in ospedale dovreste pagarvi le cure…”
“Perché – rispondo io – non stiamo pagando tutti noi cittadini i contributi per la sanità? Abbiamo gli stessi diritti…”
Penso che, se non ribaltiamo il paradigma, se non vediamo più il nemico tra di noi, troveremo il giusto equilibrio per una convivenza civile.
Per un Mondo davvero migliore.

Per offrire un respiro di speranza concludo la narrazione con un esempio di persone/conoscenti che sono uscite dalla malattia da covid senza essersi poi fatte coinvolgere dal “long covid” del quale ho trattato.
Considerando lo stato psicologico nel quale si trova il malato, già provato dalla malattia e dall’isolamento, quando ne esce dovrebbe essere trattato con la massima cautela e rispetto.
Tornando a questo gruppo di pazienti guariti, conosciutisi in ospedale nel reparto covid dove erano ricoverati, durante la degenza si sono scambiati i contatti,e una volta guariti si sono ritrovati.
Prima hanno condiviso momenti di paura per la degenza, poi si sono ritrovati in un nuovo percorso di amicizia solidale.

Bravi!

Renata Fontanella, Livorno 14 febbraio 2022

Scuola e controllo sociale ai tempi del Covid

[intervento letto ad un incontro contro il Green Pass a Firenze sabato 12/2/22]

Nel mio intervento parlerò ovviamente di scuola, quella scuola pubblica e gratuita che è stata sicuramente una grande conquista, garanzia di formazione per tutti i ragazzi indipendentemente dalla loro condizione sociale ed economica. Una scuola pubblica che dovrebbe offrire un ambiente idoneo alla crescita personale e allo sviluppo di una coscienza critica ma soprattutto essere un luogo inclusivo e di sana socialità.

Bene che cosa è rimasto di questa scuola?

L’imposizione di questa “emergenza pandemica” non ha fatto altro che mettere a nudo le sue forti criticità e invece di cogliere l’occasione per eventuali miglioramenti si è dato l’affondo finale. Si sarebbe potuto per esempio risolvere il problema annoso delle classi sovraffollate riducendo il numero degli studenti per classe, invece si è optato per imporre la didattica a distanza con una accelerazione tale da rendere imprescindibile l’uso delle nuove tecnologie e procedere a una digitalizzazione forzata. Per non parlare dei provvedimenti a dir poco grotteschi come i banchi a rotelle, rimasti completamente inutilizzati (ma utilissimi per giocare all’auto scontro) con un enorme spreco di denaro pubblico che poteva essere meglio impiegato, e per il quale nessuno ha pagato e mai pagherà.

Si sarebbe potuto rafforzare il senso di comunità e di auto aiuto, invece si è acuito il senso dell’istituzione scuola come luogo di disciplinamento dove i ragazzi devono sottostare a ulteriori regole alle quali non si deve assolutamente trasgredire, pena essere tacciato di irresponsabile e cattivo cittadino: distanziamento sociale (definizione che ormai è entrata nel nostro gergo e che già di per sé sarebbe da rifiutare), uso tassativo delle mascherine, (credo che le scuole siano ancora piene di quelle prodotte dalla ex-FIAT, ma adesso si deve soffocare con le Ffp2), entrate e uscite scaglionate, divieto di assembramento anche fuori dall’edificio scolastico, vietato toccarsi, abbracciarsi e anche scambiarsi oggetti. Fine dei lavori di gruppo, fine di un rapporto minimamente empatico con il docente che non può neanche aggirarsi tra i banchi, non ci si incontra nei corridoi, non si fa ricreazione fuori se non in spazi delimitati e assegnati alle singole classi. Insomma le caratteristiche tipiche di un vero e proprio carcere. Un sistema carcere che si estende anche oltre la scuola grazie alla vergognosa misura discriminatoria delle limitazioni agli spostamenti per gli studenti senza super GP, sui mezzi di trasporto pubblici.

Ma veniamo all’inclusione, questo termine tanto sbandierato e che tanti colleghi hanno sempre in bocca, tema privilegiato di educazione civica. Come si fa ancora a parlare di scuola inclusiva dopo il ricatto del “vaccino”? Un trattamento genico, vorrei ricordare, che in particolare nella fascia 6-20 è totalmente inutile, non solo dal punto di vista del contenimento dei contagi, visto che il virus che ha circolato e circola ancora negli istituti scolastici e in generale in tutti gli ambienti frequentati, è palesemente veicolato da chi è vaccinato, e questo ormai non lo può più negare nessuno, ma anche dal punto di vista della protezione da un evolversi critico della malattia, che per bambini e adolescenti presenta un rischio pari a poco più di zero. Un siero inutile, dunque,e senza la minima certezza che sia innocuo nel medio e lungo termine, visto che mancano studi sulla genotossicità e sulla cancerogenicità. Ma la Regione Toscana e Giani non si fanno scrupoli di portare vaccinatori dentro le scuole elementari, e di andarne fieri. Il messaggio che i bambini e i ragazzi hanno ormai interiorizzato è: o ti vaccini o sei fuori dalla società (non vai a fare sport, non vai a mangiare la pizza o al cinema coi tuoi amici….) e siccome sei pericoloso non entri nemmeno in classe. Non solo, anche chi non ha eseguito esattamente altri dettami dello stato rientra in questa logica discriminatoria. L’ultimo vergognoso provvedimento governativo prevede infatti che i non vaccinati, quelli che non hanno completato il ciclo vaccinale con il famoso booster, i guariti o con due dosi ma che hanno superato i 120 giorni dalla guarigione o dall’ultima dose, nel caso in cui ci siano 2 o più casi positivi in classe, se ne devono stare a casa in didattica a distanza.

Insomma se non rientri nei suddetti casi sei uno studente legalmente discriminato, di serie B, uno scarto.

Così come è uno scarto l’insegnante che fino a poco tempo fa veniva in classe a farti lezione e che siccome non ha obbedito alle nuove norme, che di per sé devono essere buone e non si possono mettere in discussione (alla faccia dello sviluppo del senso critico e dell’autonomia di pensiero!) viene “giustamente” allontanato. Poco importa se tu gli volevi bene o era un bravo insegnante. E così la scuola espelle dal suo corpo questi pochi ma significativi “bubboni”, non perché non sappiano fare il loro lavoro o non ne abbiano i titoli, ma semplicemente perché non hanno un lasciapassare, fondamentalmente perché non hanno obbedito, perché di questo si tratta. Il gp è uno strumento politico discriminatorio e di disciplinamento che non ha niente a che vedere con una misura sanitaria, perché questo ormai è sotto gli occhi di tutti. Quindi dov’è il senso di questa misura?

All’insegnante sospeso per nessuna colpa è negato ogni emolumento, perché sia chiaro che si tratta di una punizione contro i renitenti: niente assegno familiare o alimentare, che invece spetta a chi viene sospeso per motivi disciplinari, commettendo un reato.

Il senso è che siamo in una fase storica in cui gli stati fantoccio falsamente democratici, hanno bisogno di sudditi, non di liberi cittadini, e noi che resistiamo, quei pochi insegnanti che non hanno ceduto, siamo delle mine vaganti, non solo perché disobbediamo ma perché forse saremmo gli unici a continuare a fare scuola sul serio e a far passare messaggi non accettabili dal sistema.

Un sistema che si trova in una crisi profonda, che viene da lontano, la cui prima manifestazione evidente la possiamo far risalire alla crisi finanziaria del 2007. I tentativi di assestamento che ci sono stati in questi anni non hanno dato alcun frutto, prova ne è la stagnazione economica e la progressiva espulsione dal mondo del lavoro di larghe fette della popolazione andando ad allargare inesorabilmente disagio sociale e scontento. In questo contesto la pandemia (vera o presunta, ma questo è ininfluente) con le misure restrittive ad essa connessa, cade, come si suol dire a fagiolo: da una parte si coglie l’occasione per spingere i settori trainanti che danno ancora margini importanti di profitto (in primo luogo la farmaceutica, che oltre tutto vola in borsa, il digitale e l’e-commerce) e allo stesso tempo si tagliano i rami secchi e improduttivi costituiti dalla piccola e media impresa, che verrà successivamente fagocitata dalle grandi multinazionali, dall’altra le dure restrizioni imposte forniscono la risposta necessaria per tenere sotto controllo il crescente e prevedibile disagio sociale prodotto dalle chiusure di imprese e dalle ulteriori perdite occupazionali, dall’aumento dei prezzi , ecc.

Ed ecco che anche la scuola deve assolvere il suo compito: contribuire a sfornare bravi cittadini (o sudditi), ligi al dovere che credono nella bontà di uno stato che li protegge e se qualcosa va storto, se per esempio uno studente perde la vita durante lo stage di alternanza scuola lavoro e osano manifestare il loro dissenso, vengono subito messi a tacere con la forza e rimessi al loro posto.

Ma tutto questo in realtà non è che il risultato di un lungo processo, di anni di riforme di una scuola che ha sempre più la fisionomia di una azienda il cui dirigente si preoccupa in primo luogo di far quadrare i conti, del numero degli iscritti, della vetrina dei progetti assegnati, di non avere ricorsi, dove è aumentata a dismisura la burocrazia e le riunioni inutili che sottraggono tempo alla didattica, e in cui gli insegnanti si sono abituati sempre più ad essere dei semplici funzionari più che educatori.

Quello che vorrei dire per concludere, e uscendo anche dal contesto scolastico, è che quello che stiamo vivendo non è che la forma estrema di ciò che c’era già ma che non appariva in tutta la sua tragicità. La pandemia, come una voluta cartina di tornasole, ha messo a nudo la violenza del sistema e ci ha costretto a prendere posizione, a resistere per esistere. Adesso sta a noi cogliere l’occasione per combatterlo, uscirne e creare finalmente un mondo nuovo che sappia garantire quanto di umano stanno cercando di toglierci: giustizia, solidarietà, fraternità, uguaglianza, spiritualità e gioia di vivere.

Sonia Bibbolino