Controllo, paura, violenza: da Genova 2001 all’emergenza Covid

Con l’emergenza Covid sono emerse allo scoperto diverse forme di disciplinamento sociale che in precedenza erano soltanto latenti. Vorrei proporre qui una sorta di résumé di tutti i provvedimenti che, ufficialmente, sono stati avviati per preservare la salute pubblica ma che, in realtà, appaiono come subdole forme di controllo sociale destinate a sopravvivere negli interstizi della società. Queste forme di controllo sono state imposte alla società con il ricatto della paura: se non si adottano, si può morire. Ed ecco che, di fronte alla paura di una malattia spacciata come inesorabilmente mortale, tutti hanno chinato la testa, compresa la sinistra più radicale. Ma forse i ‘compagni’ non si sono resi conto che queste forme di controllo sono soltanto la prosecuzione con altri mezzi di un violento disciplinamento sociale iniziato già, probabilmente, con la manifestazione di forza dello Stato emersa durante il G8 di Genova 2001. In questo periodo ricorre il ventennale di quei tragici avvenimenti: allora si trattava di disciplinare militarmente solo una frangia di ‘violenti’ e ‘estremisti’ che manifestavano contro le iniquità del sistema capitalistico; adesso, quello stesso sistema capitalistico, lungi dall’essere messo in ginocchio dall’avvento del virus, ha manipolato il virus a sua immagine e somiglianza. Lo ha reso funzionale ai suoi interessi; lo ha reso come l’evento clou di un disciplinamento ‘spettacolare’ già iniziato decenni prima. Perché il controllo si è esteso e allargato sotto varie forme, non ultime quella mediatica e spettacolare. Il Capitale è arrivato a imporre, per mezzo dei media, un discorso dominante: quello, appunto, della pericolosità assoluta del virus. Allora, se si osava e si osa mettere in discussione questa pericolosità, si diviene dei criminali, dei ‘negazionisti’, come chi nega l’Olocausto. Ora, tutti si sono piegati all’uso di questa parola: solo io credo che, invece, questo termine appaia mostruosamente improprio dal momento che si riferisce, solitamente, a eventi di una ben più tragica portata? Come si può chiamare nello stesso modo chi non crede alla estrema pericolosità del virus e chi afferma che l’Olocausto non sia mai avvenuto? Giudicate voi. Quell’“immensa accumulazione di spettacoli”, come diceva Debord, si è appropriata di tutte le nostre vite fino alla più minuscola particella.

Chiamatemi pure ‘negazionista’, se vi fa piacere, ma adesso voglio elencarvi e descrivervi tutte le nuove e subdole forme di disciplinamento sociale che, da anni, appunto, subdolamente, ci accompagnano: il lockdown; la digitalizzazione dell’esistenza, incluse le pratiche di smart working e di DAD; la vita degli individui controllata dai numeri; la chiusura di musei, cinema, teatri; il coprifuoco, i controlli polizieschi, l’uso dei droni e degli elicotteri per controllare la popolazione; l’autocertificazione; la regolamentazione degli spazi e la mascherina all’aperto; il vaccino.

1) Il lockdown è stata la prima e la più importante pratica di disciplinamento sociale messa in atto per fronteggiare l’emergenza Covid. A essa si accompagnano diverse altre pratiche come i vari divieti di assembramento, l’obbligo di non allontanarsi oltre i 200 metri dalla propria abitazione, l’impossibilità di incontrare gli amici. Se sostituiamo la parola “lockdown” con quella nostrana di “confinamento”, ci accorgiamo che si tratta di pratiche utilizzate a partire dall’età moderna per controllare il diffondersi di varie malattie, principalmente la peste. Come ha dimostrato Foucault, il confinamento degli appestati e dei malati di lebbra è all’origine di un nuovo confinamento che ha segnato l’età moderna, quello dei folli: la separazione fra ‘normalità’ e ‘anormalità’. Se poi consideriamo che, insieme a questi confinamenti, era sorta una vera e propria “polizia” medica che aveva il compito di controllare i contatti fra i sani e i malati, capiamo subito come il controllo e il disciplinamento sociale siano alla base di queste pratiche. Chiudere il cittadino nelle proprie case è sempre stato il sogno di qualsiasi potere. Con i cittadini chiusi in casa e i negozi chiusi, il capitalismo gongola: non è altro che un’incentivazione alla sua progressiva trasformazione in capitalismo digitale. Gli acquisti diventano anch’essi spettri come le nuove forme di potere: fatti su internet (fenomeno che sta alla base di un’altra grande ‘spettralizzazione’ dell’esistenza), a distanza e non più in carne ed ossa e in presenza.

2) La digitalizzazione dell’esistenza, lo smart working e la DAD sono l’altra faccia degli acquisti online. Il consumatore a distanza è diventato anche un lavoratore a distanza: le dinamiche del lavoro, in questo caso, diventano più subdole fino a divorare quegli spazi denominati “tempo libero”. Se la dicitura “tempo libero”, già di per sé, appariva come un’assurdità imposta dalle norme del capitale, come un momento di libertà in un’esistenza trasformatasi in prigione, la sua definitiva scomparsa rappresenta, ancora una volta, il sogno realizzato di un capitalismo digitale il cui solo scopo è l’eliminazione dei corpi. La DAD (asservita totalmente a una multinazionale del digitale come Google) apre le frontiere alla possibile cancellazione degli stessi spazi fisici della scuola, edifici la cui manutenzione è sempre più costosa e, addirittura, alla possibile sostituzione dei docenti in carne ed ossa con delle macchine. Siamo alla fantascienza e alla distopia, ma solo fino a trent’anni fa lo smart working e la DAD erano fantascienza e distopia.

3) La vita degli individui controllata dai numeri: fin dall’inizio dell’emergenza, la vita degli individui è stata regolamentata dai numeri dei contagi, dei morti, dei tamponi effettuati. Soprattutto nell’ultimo periodo, il giochino delle zone colorate scattava in funzione dei numeri: con meno contagi zona gialla o arancione, con un certo numero di contagi, zona rossa. Adesso, improvvisamente, i numeri dei morti e dei contagiati sono calati magicamente (merito delle magiche virtù del vaccino, si dice) e il capitale si sta riorganizzando per giocare la sua partita di consumo e di sfruttamento nuovamente ‘in presenza’. Ma nessuno si è mai chiesto quanta obiettività ci fosse dietro questi numeri: chi li stabiliva? Come venivano conteggiati? Quel famigerato comitato tecnico scientifico? Poveri noi. La macchina del potere capitalistico ha tenuto in scacco gli esseri umani con i numeri, regolandone l’esistenza. E poi, quanti di questi morti sono stati effettivamente “per Covid” e quanti, invece, “con Covid”? Non lo sapremo mai perché il gioco dei numeri è sempre in agguato per nuovi, futuri, processi di disciplinamento sociale.

4) La chiusura a oltranza di musei, cinema e teatri, anche in un momento in cui era sotto gli occhi di tutti l’inutilità di tali provvedimenti, è stato un altro importante provvedimento di disciplinamento sociale. Il superfluo, secondo il potere del nuovo capitalismo, andava cancellato: la possibilità di assistere dal vivo a una mostra, a un film o a uno spettacolo teatrale si è trasformata in un ‘superfluo’ di cui si poteva fare a meno, tanto c’erano già le visite virtuali ai musei e le pay tv. Tutto ciò che poteva rappresentare un intrattenimento di carattere ludico, distensivo ma anche culturale e istruttivo doveva essere abolito, così come erano vietate le visite agli amici. Si poteva visitare solo i cosiddetti parenti stretti (per un certo periodo neppure quelli) e andare a messa: sì, perché le chiese, nonostante cinema e teatri fossero chiusi, continuavano e rimanere aperte. Il perfetto consumatore del capitalismo digitale è perciò rappresentato dalla cosiddetta famiglia tradizionale, fatta di “parenti stretti” e religiosissima. Inutile dire, poi, che a questo nuovo capitalismo, di musei, teatri, cinema e della cosiddetta cultura non importa proprio un fico secco: non rappresentano certo il motore trainante dell’economia e il settore culturale è stato sempre quello più scarificato, anche in passato, da qualsiasi governo.

5) Il coprifuoco, i controlli polizieschi, l’uso dei droni e degli elicotteri per controllare la popolazione sono pratiche di controllo strettamente legate al cosiddetto “lockdown”. Servono per controllare e sanzionare chi esce di casa senza motivo. Sono pratiche che rimandano direttamente, senza se e senza ma, a uno stato di guerra. Se i media ci hanno sempre detto che siamo in guerra con il virus, allora è giustificabile uno stato di guerra: soldati armati di mitra in strada per controllare che venga rispettato il coprifuoco (limitazione in uso esclusivamente in territori di guerra), le nuove tecnologie piegate al controllo e alla coercizione sociale. I droni ricordano troppo da vicino il “segugio meccanico” di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, un infallibile cane guardiano capace di fiutare a distanza i nemici del regime dittatoriale che vige nel mondo futuro affrescato nel romanzo. Gli elicotteri che ancora oggi sorvolano i centri storici delle città per controllare la movida notturna ci fanno invece pensare agli elicotteri americani d’assalto nel Vietnam di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola o a quelli di Full Metal Jacket di Stanley Kubrick. Meglio addolcire la drammaticità di questa situazione per mezzo di quella cultura, letteraria e cinematografica, che ci è stata negata e azzerata per lungo tempo.

6) L’autocertificazione ci è sempre apparsa come l’estremo e squallido lembo burocratico di una triste dittatura. Non avremmo mai pensato che parole come “coprifuoco” o “autocertificazione”, un documento in cui si doveva giustificare la propria presenza in strada a un controllo poliziesco, fossero entrate a far parte della nostra quotidianità. L’autocertificazione ha rappresentato la definitiva umiliazione della dignità dei cittadini di fronte all’autorità. Grazie a essa, utilizzata con queste modalità solo in Italia, i diritti civili hanno veramente toccato il fondo. L’Italia, come durante il massacro del G8 di Genova, si è dimostrata degna di una oscura dittatura sudamericana o africana.

7) La regolamentazione degli spazi è stata un’altra pratica di disciplinamento sociale di matrice moderna. I centri storici, oltre che essere sottoposti a rigidi controlli di ogni tipo, sono stati oggetto di canalizzazione degli ingressi e dei flussi. Tali pratiche ci fanno pensare allo sventramento di Parigi attuato dal prefetto Haussmann sotto il Secondo Impero, per poter controllare meglio eventuali ribellioni popolari. Più recentemente, come ricorda Franco La Cecla, lo spazio cittadino è stato regolamentato e irreggimentato in funzione dei nuovi servizi pubblici.1 Un processo di disciplinamento degli spazi, nel corso del Novecento, ha investito nello stesso identico modo, ad esempio, l’Algeria francese, i villaggi dell’Amazzonia e i sassi di Matera, per mezzo di una vera e propria evacuazione forzata. Le smart cities, i centri storici saturi di intelligenza artificiale, sono una conseguenza della devastazione operata dalla pandemia, “un surrogato di vita en plein air e in presenza”.2 Le nuove città regolamentate nei flussi sono solcate da individui con la mascherina indossata anche in strade larghe e solitarie (nonostante il DPCM preveda che debba essere indossata all’aperto solo nel caso in cui non si possa garantire la distanza fra le persone). Ciò dimostra che la digitalizzazione dell’esistenza ha instillato nelle menti dei cittadini, come un lavaggio del cervello perfettamente riuscito, la paura che il Covid, ormai, si possa trovare ovunque, nell’aria, in una strada deserta come in aperta campagna. E, detto tra noi, basta uscire per strada per vedere come l’effetto paura funzioni perfettamente: nonostante a tutt’oggi sia decaduto l’obbligo di portare la mascherina all’aperto molte persone continuano masochisticamente a indossarla, nonostante le temperature elevate. E, sempre detto tra noi, l’obbligo della mascherina all’aperto era una prerogativa solamente italiana: in molti altri paesi, come ad esempio in Germania, da diversi mesi non sussisteva più tale obbligo idiota.

8) Infine, come splendida ciliegina sulla torta di tutte queste pratiche di disciplinamento sociale passate in rassegna, il vaccino appare come quella più direttamente messa in atto dal capitalismo farmaceutico. Quest’ultimo, interconnesso con tutte le altre diramazioni del potere, ha creato l’arma perfetta per disciplinare la popolazione. Come è stato ampiamente dimostrato, cure alternative al Covid esistono ma i medici che le difendono o cercano di portarle avanti sono immediatamente messi a tacere, secondo le modalità di una vera e propria intimidazione mafiosa. Come il lockdown, il coprifuoco e l’autocertificazione, il vaccino è una vera e propria imposizione al cittadino che annulla qualsiasi principio democratico. Anche se formalmente non appare come obbligatorio, esso rappresenta un nuovo confine sociale: chi non si vaccina può perdere il lavoro e può non avere accesso al libero spostamento sul territorio. È un confine che limita la libertà personale in modo estremamente grave. Anche col vaccino, il capitale sta agendo in modo subdolo e criminale, invogliando i cittadini a vaccinarsi con le più svariate offerte e regali (dall’alcool alla marijuana, per convincere anche i più riottosi e i meno inquadrati nel corpo sociale), a fronte di una oggettiva pericolosità. Si continua infatti a morire di vaccino sotto silenzio o quasi. In nome di un ipocrita “bene comune”, le lobby della chimica farmaceutica non esitano a uccidere i cittadini per il loro interesse economico-finanziario. Il bello è che tutto ciò sta avvenendo nel consenso generale.

Insomma, per tirare un po’ le fila di tutto questo discorso, si può giungere alla conclusione che il fatto di essere avvenute nel silenzio – o addirittura col consenso – di tutti è una caratteristica comune a queste forme di disciplinamento. Tranne sparute voci (pochi ‘intellettuali’ e ‘compagni’, alcuni beceri propagandisti e populisti di destra), tutto ciò è avvenuto con un tacito consenso da parte della popolazione. Certo, il gioco è stato facile: basta avere gonfiato a dismisura sui media la pericolosità di un virus che poteva essere tranquillamente curato a casa nel modo giusto, e la popolazione è stata iniettata di paura. E allora, tutto il paese si è trasformato in una massa di ipocriti e impauriti che hanno giustificato qualsiasi sospensione dei diritti civili e democratici, proprio come quegli orribili benpensanti che, di fronte al massacro della caserma Diaz di Genova, hanno manifestato la loro solidarietà alle forze dell’ordine. Adesso, tutto un intero paese, impaurito e lobotomizzato da una narrazione dominante, quella del potere, diffusa dai media, ha la grave colpa di avere chinato la testa, e ancora più grave è la colpa dei cosiddetti ‘compagni’. Chi osava e osa dissentire dal discorso dominante veniva e viene chiamato, come detto, con l’ingiurioso epiteto di “negazionista”. A dirla tutta, dare del “negazionista” a chiunque osi dissentire è molto simile alla pratica di colpevolizzazione attuata recentemente dal potere nei confronti di molti militanti di estrema sinistra degli anni Settanta: “sono terroristi, assassini, criminali, devono pagare per i loro sbagli”. Anche riguardo a questo fenomeno di colpevolizzazione retroattiva, vige ipocritamente l’idea che esista chi sta dalla parte dei buoni e chi da quella dei cattivi. I discorsi dominanti sono molto difficili da sradicare, perché erodono le coscienze. Infatti, non illudiamoci che sia finita qui: questo è solo l’inizio di un periodo storico molto buio in cui il nuovo potere del Capitale si farà sempre più feroce, brutale, ipocrita e assassino. E, se non ci diamo una svegliata, tutto ciò accadrà col nostro tacito consenso.

Edmond Dantès

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Note:

1: Cf. F.La Cecla, Mente locale, eleuthèra, Milano, 2021, p. 36.

2: Ivi, p. 203.

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